In between time

luglio 26, 2018

“Portateli a casa tua”

Filed under: Politik — fra_dolcino @ 11:49 am

No, coglione, non li porto a casa mia, vivi in una società un po’ più complessa di così. Non siamo in un villaggio neolitico in cui arriva qualche decina di profughi a seguito di un’alluvione e allora il consiglio degli anziani discute su chi li dovrebbe ospitare e chi no. Esistono leggi nazionali e internazionali, accordi, convenzioni; esistono enti e strutture, esiste lo Stato e le istituzioni sovranazionali, esiste l’ONU, la Croce Rossa, i fondi appositi per emergenze e rifugiati, le organizzazioni governative e non governative; una serie di soggetti e regole a vario livello che riguardano le migrazioni e i rifugiati. Ecco, un corretto funzionamento e sinergia tra tutti dovrebbe essere in grado almeno parzialmente di fronteggiare flussi migratori che fin’ora si sono visti, se non lo sono bisogna chiedersi perché. Comunque sia sono stati creati appunto perché non viviamo nel villaggio del neolitico e perché non è possibile pensare all’immigrazione come una questione personale per alcuni o un fatto che non riguarda minimamente altri. Ti riguarda anche a te, imbecille, perché vivi su questo pianeta, in questa società, e perché ci sono cause-effetti storici, scelte politiche e geo-politiche a cui ha contribuito anche il tuo paese. E’ un problema certo, ma non lo risolverai nella tua testa blaterando cose senza senso tipo “portateli a casa” tua e nemmeno sperando negli eccidi di massa e nella riapertura dei campi di concentramento, perché sono cose che di solito portano guerre nelle quali potresti rimanere ucciso anche tu o essere trasformato alla tua volta in un profugo. Infine se uno lo fa veramente, accogliere un rifugiato a casa propria, è una fatto simbolico che non può contribuire a risolvere la questione, ma viene fatto come gesto politico di fronte alla xenofobia dilagante e quella sì come scelta personale, umana e solidale.

Ah, dimenticavo, se vuoi ci sono tanti italiani indigenti e senza casa, li puoi recuperare in un centro diurno, alla Caritas durante la distribuzione pasti o anche presso i servizi sociali – mi raccomando portatene a casa uno se ci tieni tanto.

luglio 9, 2018

Rottamazione

Filed under: Personal — fra_dolcino @ 3:52 PM

“Nel 1966 il signor Irvin Gordon di Anchorage, Alaska, aveva acquistato un’auto da 1.770 cc di cilindrata, quindi piccola per un cittadino USA, e guidandola ogni giorno per 47 anni, al settembre 2013 le ha fatto percorrere quasi cinque milioni di chilometri – per la precisione,4.890.980 – che sono 12,7 volte la distanza dalla Terra alla Luna”.

luglio 13, 2016

Z Nation

Filed under: SerieTV — fra_dolcino @ 2:59 PM

The-Walking-Dead-vs-Z-Nation-il-segreto-del-successo-degli-zombie-3Z Nation è una serie a modo suo patriottica. Un’omaggio alle americhe, alle sue genti e ai suoi miti, ai luoghi di culto – alcuni universalmente famosi altri più che altro negli States. La trama è semplice: una missione, una compagnia eterogenea, un viaggio difficile da compiere, tanti pericoli e ostacoli da superare. I personaggi: una Compagnia d’Anello distopica e tutta americana. L’anello è Murphy e il druido della situazione Doc. E poi ci sono le amazzoni, come in molti prodotti televisivi d’azione degli ultimi tempi le donne hanno un ruolo fondamentale. I leader maschi muoiono nel giro di qualche episodio e rimane la feroce, e occasionalmente materna, Warren a guidare il gruppo. Il viaggio è Coast to Coast nel mezzo dell’apocalisse zombie. Zombie con tante variazioni sul tempa: zombie radioattivi, zombie arborei, i meta-zombie. I luoghi sono quei topici degli States dai Monti Apalachi al Missisipi, dalle grandi pianure del mid-west con le comunità rednecks al Gran Canyon in cui ci celano di nuovo le tribù native.

Z-Nation-Qualls-e1442125651852E poi c’è l’angelo custode, colui che veglia sulla Compagnia e si prefigge come l’obiettivo quello di far portare a termine la Missione. Citizen Z. Un giovane hacker reclutato nella NSA e sopravvissuto in un’isolata base segreta nell’Alaska, in grado di accedere a qualsiasi rete di comunicazione rimasta ancora integra. Da solo a capo del mondo, ma chiunque abbia ancora una radio ricevente può  sentirlo sulle onde corte. Citizen Z oltre ad essere l’ultimo servizio di informazione rimasto sul continente, si fa anche intrattenitore e DJ – tutti lo conoscono. Tra le moltissime citazioni qui c’è un rimando, presumo neanche troppo velato. Citizen Z non è altri che Walt Dangerfield. L’astronauta rimasto prigioniero sulla sua astronave nell’orbita terreste dopo l’olocausto nucleare nelle “Croanche dopo Bomba” di Philip Dick. Anche lui allieta le giornate di un mondo desolato mettendo i vecchi dischi, emozionando i sopravvissuti per i quali con tempo diventerà una sorta di divinità.

 

Maggio 5, 2016

Marco Polo

Filed under: Cinema, SerieTV — fra_dolcino @ 1:56 PM

mappabisMi entusiasmano sempre le storie ambientate nel medioevo. E’ una vecchia ed inspiegabile passione che mi accompagna fin dall’infanzia. Stando ai prodotti televisivi, ultimamente sono uscite diverse serie ambientate in quell’epoca, per citarne alcune The Vikings, The Last Kingdom, The Bastard Executioner e l’ultima che ho seugito, Marco Polo. Una grande storia, quella raccontata ne Il Milione, un viaggio straordinario che merita di essere raccontato ancora, avendo una sorta di insita attualità, nella lunga e difficile costruzione delle relazioni tra Occidente e Oriente Estremo.

A prima vista sembra all’altezza della situazione con ambienti suggestivi, bellissimi costumi, stupenda fotografia e variopinti personaggi dell’impero nomade e multietnico dei Gran Khan. Tuttavia il personaggio principale fin dall’inizio lascia perplessi. Proprio lui, il protagonista della storia, da mercante divenuto diplomatico, grazie alle sue doti da acuto osservatore ed abile affabulatore. Qui invece troviamo un Marco Polo perennemente imbronciato e arrogante, un bimbo-minchia guidato dalle pulsioni che sembra interessato più alla fica che alle complesse trame del conflitto mongolo-cinese. Colui che storicamente ha ammaliato Qubilai Khan con le sue storie qui invece è a corto di parole e le poche frasi che spiaccica nei colloqui con il khan risultano artificiose e banali.

marcopolo-gifL’attore italiano Lorenzo Richelmy purtroppo sfoggia tutte le facce da repertorio tipiche della RAI fiction che nella Mongolia del XIII secolo lasciano tra straniati e infastiditi. Come se non bastasse, scelta forse in parte comprensibile ai fini dello spettacolo, decidono pure di trasformarlo in un combattente, facendolo diventare l’allievo di un grande maestro shaolin cieco. Marco Polo che fa a mazzate a suon di kung-fu! E’ difficile sospendere il giudizio e non pensare “che cazzata”. Se fosse stato interpretato da un personaggio diverso, forse la cosa poteva anche passare, ma il moccioso imbronciato, perennemente arrabbiato col papà che l’ha abbandonato in mezzo alle steppe mongole, che continua a combinare guai alla corte del khan, miracolosamente senza farsi ammazzare, è un continuo elemento di disturbo. Infatti le parti migliori sono quelle in cui non c’è Marco Polo.

Che peccato. Visto che non hanno badato alle spese non potevano trovare un attore migliore e più credibile? Oppure dargli un copione più degno del ruolo, che lo faccia apparire una persona brillante, scaltra e sagace magari con difetti o vizi inattesi, ma non uno che sembra un cretino. Magari si evolverà nel corso della serie, essendo arrivato solo alla metà, ma sono abbastanza pessimista.

Aggiornamento: ho perseverato fino alla seconda stagione, e bisogna dire che Messer Polo ha fatto qualche progresso. E’ un po’ meno cretino. Grande. Ma purtroppo ci sono alcuni mongoli che sembrano modelli della Dior e Calvin Klein, belli puliti, depilati, truccati, fisicati, aggiustati…Dico, gente che viveva a cavallo, andava avanti a carne di pecora stagionata sotto la sella e latte di giumenta.

novembre 10, 2015

The Hammer of Gods

Filed under: Cinema — fra_dolcino @ 1:01 PM

hammer of godsHo un debole per le opere ambientate nel medioevo, soprattutto quello profondo, possibilmente nell’Alto-medioevo. Non ho mai saputo spiegarmi il perché di questa fascinazione. Ci ho riflettuto sopra qualche volta, ma fatico a trovare delle risposte razionali. Può darsi sia una sorta di rifiuto più o meno inconsapevole della modernità, sentimento che può diventare pericoloso in alcuni soggetti, fattispecie se trova nutrimento nelle ideologie destroidi e neoconservatrici. Oppure si tratta dell’ansia da mondo globalizzato, sempre più tecnicizzato, sovraffollato in cui non c’è più spazio per il mistero e per l’ignoto, a meno che non venga dallo spazio. Comunque sia finisco per guardare qualsiasi cosa sia ambientato nel millennio, definito probabilmente a torto, “oscuro” –  un vecchio pregiudizio dell’epoca illuminista. Certo pensare alla modernità come ad un’epoca luminosa con le sue interminabili guerre, la nascita del capitalismo, la conquista delle Americhe, il colonialismo, risulta un po’ difficile. Per non parlare della storia del Novecento con le sue Guerre mondiali, la minaccia nucleare, le dittature, le guerre civili. Insomma a confronto il medioevo potrebbe sembrare una figata! Tutto ciò per dire che sono disposto a guardarmi anche le boiate purché siano ambientate tra le brume di quel epoca del passato. Basta che non sia di interpretazione disneyana o non si riveli Barocco che scimmiotta il medioevo come spesso accade nei block buster del genere fantastico.

L’ultimo film visto d’ambientazione medievale che ho visto è The Hammer of Gods. Suona come un album power metal. Il titolo e la copertina erano molto tamarri e sul momento ho tentennato non sapendo fin dove volessero arrivare. Si produce veramente di tutto. Un pomeriggio con l’influenza decido che è il momento giusto per un po’ di intrattenimento. L’incipit si presenta subito come un action movie vichingo con tanto di freeze frame per presentare i personaggi principali mentre massacrano i poveri sassoni che tentano a resistergli. Ho pensato dai, almeno non si prende sul serio, con un intro del genere. La trama è semplice: il figlio di un conquistatore norreno viene incaricato dal padre agonizzante, in seguito ad una battaglia, a cercare il suo fratello maggiore, l’unico che avrebbe la stoffa per succedergli. Il fratello minore è uno smidollato che se la fa con i sassoni, mentre il protagonista è una sorta di outsider che sa il fatto suo se c’è da guidare i suoi guerrieri fidati nelle scorribande, ma non è un vero leader. I suoi compari hanno delle belle facce e dei bei nomi: Grim,  Jokul e Hagen. Tutti caratterizzati come dei personaggi da video game: un berserker pazzo-furioso, uno spadaccino conoscitore delle tradizioni e molto devoto agli dei del Valhalla e niente meno che Rollo, trapiantato direttamente dalla serie The Vikings in questo film. Stesso carattere, stesso personaggio o quasi. Fin da subito si ha la sensazione di un puzzle. Oltre a Rollo ci ritroviamo anche qualche comparsa da Westeros come ad esempio il padre di Steinar, il protagonista, interpretato da Jorah Mormont (James Cosmo) e l’amichetta di Steinar, Roselin Frey (Alexandra Dowlong). Ma non finisce qui ritroviamo anche King Aelle, il re di North Umbria, sempre in forma e bello pasciuto, ma in una versione schizoide con qualche piccola perversione. Insomma per arrivare al fantomatico fratello prima devono trovare Re Aelle, l’unico che saprebbe dove si trova. Dopo un bel giro sulle highlands con tanto di capello alla fotografia e ai tecnici che si sono sbattuti a fare delle bellissime riprese, arrivano nel luogo sinistro dove risiede il pazzo Aelle. Dopo avergli dato un po’ di filo da torcere e una bella tisana ai funghetti allucinogeni decide di aiutarli. E il resto? Beh, per non farla lunga il resto è “Cuore di tenebra” con delle improbabili soluzioni narrative nella lunga “discesa agli inferi” dei protagonisti. Non saprei come concludere se non con un “boh”.

ottobre 5, 2015

Cucina precaria ai tempi dell’austerity

Filed under: Sapori — Tag:, , , — fra_dolcino @ 6:46 PM

plate-with-single-peaSe fossi una persona costante questa potrebbe diventare una sezione o addirittura un blog a sé stante. Ma vediamo, finché sono disoccupato potrebbe reggere. Ieri sera mentre cucinavo con pochi ingredienti che avevo in casa ci pensavo, anche se in realtà è un’idea vecchia. Ho sempre avuto il pallino del riciclo, del riuso, del “non si butta via niente” in cucina. Una volta era una cosa abbastanza scontata e per molti forse lo diventerà ancora. Ok, c’è ancora troppa gente che si lamenta per niente, come accennato nel post “Siamo tutti sulla stessa barca“, e che spara luoghi comuni sulla crisi mentre si riempie il carrello di “inutilities” al iper mercato, ma qui vorrei rivolgermi ai precari veri, impoveriti consapevoli e degradati dal proletariato al sub-proletariato. Non ai radical-chic che seguono le mode sulla cucina “sobria” – che poi quanto lo sia è da vedere. Insomma a quelli che si ritrovano con il frigo vuoto o quasi, e non sanno più come raffazzonare un pranzo o una cena. Ma rallegriamoci! Non tutto il male viene per nuocere: si mangiano meno carne e meno stronzate, oltre al fatto che ci stiamo abituando ai stili di vita più sostenibili – quelli su cui abbiamo sempre teorizzato e che ora possiamo vivere in prima persona. La prima regola è che finché non c’è il vuoto pneumatico, non è vero che non c’è “niente” e non è detto che si debba ingurgitare per forza qualcosa di infinitamente triste. Guardate bene, anche in fondo alla dispensa e usate un po’ di fantasia. Ma ora passerei subito agli esempi, certo non sarebbe il piatto più povero, ma magari per qualcuno non è scontato nemmeno quello non essendo molto pratici in cucina. Io non posso vantare chissà quali conoscenze culinarie, ma in cucina qualche volta ci ho lavorato. Riporto quindi la cena di ieri sera.

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ottobre 4, 2015

I sapori autunnali

Filed under: Sapori — Tag:, , , , — fra_dolcino @ 8:26 PM

medieval-tablewareL’autunno stimola l’appetito. Malgrado le sovrastrutture della nostra società, i cambiamenti climatici, lo stile di vita sedentario e l’assenza o quasi della stagionalità nella nutrizione, ecco che le prime giornate uggiose e fresche ti evocano le immagini dei cibi preindustriali, cucinati sul fuoco, in parte coltivati ma in parte ancora raccolti. Le castagne, i funghi, la trota del torrente, lo sfrigolio del burro per preparare il risotto. L’odore della cannella e delle mele renette mentre si prepara la crostata, la zucca matura per i tortelli, i sapori forti della selvaggina e del vino che evapora.

Vorrei essere altrove, penso a volte, in un altro tempo, proprio quando arriva questa stagione. Le brume nei campi sono la porta dimensionale che ti introduce in un mondo rurale senza elettricità, in cui i cicli della natura regolano ancora le attività umane. In cui il mistero esiste ancora, i rituali hanno una funzione concreta, mentre ci si appella agli essere fatati per superare una difficoltà o scacciare il maligno. La natura si ritrae, si prepara alla fine di un ciclo, il mondo dei vivi e quello dei morti sono più vicini che mai. E la vita va avanti e richiede maggiori energie.

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